I 3 veleni mentali
Come l'ignoranza genera sofferenza attraverso attaccamento ed avversione.
Il Buddhismo identifica tre stati mentali negativi, che sono la causa di tutti i problemi che viviamo nel samsara.
I tre veleni mentali sono attaccamento, avversione ed ignoranza. Di questi l’ignoranza è il veleno base, dal quale sorgono gli altri due. Possiamo dunque affermare che la causa di tutti i nostri problemi è l’ignoranza.
Ignoranza
In questo contesto l’ignoranza non è il semplice non conoscere qualcosa. L'ignoranza è uno stato di allucinazione, causato dalla mente che non è chiara sulla natura delle cose e ci fa apparire reali, cose che non lo sono. Sulla base di questo errore nascono emozioni, idee ed azioni che invece di portarci verso la felicità, ci allontanano da essa. Immaginiamo ad esempio di essere in una stanza buia e di vedere qualcosa di arrotolato. È una corda, ma la nostra mente la interpreta come un serpente. Ci spaventiamo e scappiamo fuori, verso un posto che consideriamo più sicuro, dove invece veniamo morsi da un serpente vero, che non avevamo visto. L’ignoranza ci ha dunque spinto a compiere azioni sbagliate, che invece di salvarci, ci portano verso la sofferenza
In questa piccola storia si distinguono i due tipi di ignoranza: l’oscurità della stanza è semplicemente la non conoscenza della realtà, l’attribuire alla corda l’esistenza di un serpente è l’aggrapparsi ad idee errate.
Il primo tipo di ignoranza è un’oscurazione innata e consiste essenzialmente nel credere che le cose esistano come appaiono ai nostri sensi. Vediamo un albero e crediamo che sia composto da tronco, rami, foglie e radici. Se ragioniamo però capiamo che senza la terra, il sole, l’aria, le nuvole e la pioggia ed ogni altra cosa esistente, quell’albero non potrebbe esistere. Anche questi sono dunque componenti necessari dell’albero, ma i nostri sensi non li avevano colti e l’albero ci appariva come un’entità separata dal resto dell’universo.
Il secondo tipo di ignoranza si basa spesso sulle oscurazioni innate: costruiamo infatti concetti e pensieri che vedono i fenomeni (l’albero) come esistenti in modo autonomo e creiamo la visione dell’universo come se fosse costituito da entità separate e distinte.
Sin da piccoli infatti tramite i nostri sensi percepiamo di esistere in modo autonomo, circondati da entità che esistono in modo altrettanto autonomo. La convinzione di essere separati dal resto dell’universo (ignoranza) ci porta allora a pensare di doverci occupare innanzitutto di noi e della nostra felicità, che diviene così più importante di quella di tutti gli altri.
Attaccamento
Cercando la nostra felicità e considerando i fenomeni come esistenti in modo autonomo, nascono attaccamento ed avversione. L’attaccamento è il desiderio di ottenere e trattenere ciò che sembra darci piacere, mentre l’avversione è il desiderio di evitare o addirittura eliminare ciò che non ci piace.
Analizziamo ora l’attaccamento. Si possono distinguere tre tipi di attaccamento. Il primo è l’attaccamento al piacere: vogliamo provare sensazioni piacevoli e ci attacchiamo alle persone ed agli oggetti che ci provocano queste sensazioni, affidando la nostra felicità a fenomeni esterni ed instabili per la loro stessa natura.
Un secondo tipo di attaccamento è l’attaccamento all’esistenza. Siamo disposti a fare qualsiasi cosa per salvare la nostra vita attuale e desideriamo intensamente una vita successiva felice. Questo tipo di attaccamento ci incatena nel samsara, in quanto non vogliamo veramente liberarci dal ciclo delle rinascite.
Il terzo tipo di attaccamento è l’attaccamento alla non-esistenza, ovvero il desiderio che malattie, emozioni e stati d’animo spiacevoli non entrino nella nostra vita. Ancora affidiamo la nostra felicità a fenomeni esterni non controllabili direttamente da noi.
Avversione
L’avversione è lo stato mentale duale rispetto all’attaccamento e nasce da una sensazione spiacevole o semplicemente dalla paura di provare sensazioni spiacevoli. Avversione ed attaccamento sono legati tra loro. Ogni volta che sorge l’attaccamento per qualcosa sorge infatti anche la paura (avversione) di perderlo ed ogni volta che stiamo vivendo un’esperienza negativa abbiamo il desiderio (attaccamento) che cessi.
L’avversione può essere più o meno o forte: dalla piccola insoddisfazione fino a giungere alla rabbia ed all’odio per ciò che consideriamo la causa di esperienze spiacevoli.
La sofferenza nasce dall'ignoranza
Come possono questi tre stati mentali negativi essere la causa di tutte le sofferenze che viviamo? Attaccamento ed avversione ci spingono ad agire, ma a causa dell’ignoranza le azioni che crediamo ci portino alla felicità, in realtà per la legge del karma causano spesso ulteriori sofferenze.
Esaminiamo con maggior attenzione: partendo dalla errata percezione di esistere in modo autonomo e separato dall’universo (ignoranza), noi ci occupiamo innanzitutto della ricerca della nostra felicità mondana, che consideriamo più importante di quella degli altri esseri senzienti. Se ragioniamo, scopriremo invece che, a parte il nostro egoismo, non c’è alcuna ragione che affermi che la nostra felicità è più importante di quella di qualsiasi altro essere senziente.
Spinti dall’attaccamento cerchiamo allora di ottenere per noi oggetti ed esseri senzienti, che consideriamo cause della nostra felicità. Agiamo quindi in modo egoistico, spesso senza curarci veramente della felicità degli altri e senza riflettere sul fatto che poiché le risorse della terra sono finite, quello che otteniamo per noi, non sarà più disponibile per tutti gli altri.
L’avversione ci spinge invece a danneggiare direttamente gli altri, che consideriamo potenziale fonte di sofferenza. Spesso infatti tentiamo di allontanarli in modo aggressivo o addirittura di eliminarli per “risolvere il problema” (pensiamo ad esempio ad un’invasione di formiche nella nostra casa).
Molte delle azioni che compiamo spinti da attaccamento ed avversione possono quindi portare a qualche felicità parziale, ma in ultima analisi generano karma negativo e quindi causeranno nuove sofferenze in futuro, imprigionandoci nella catena dell’esistenza ciclica.
Dovremmo inoltre considerare che tutti i nostri sforzi per ottenere ciò che ci piace ed evitare ciò che non ci piace, non potranno in nessun caso avere successo duraturo. Nulla nell’universo che conosciamo è duraturo: non potremo quindi in nessun caso conservare nulla di quello che abbiamo ottenuto.
Per evitare di soffrire, dobbiamo dunque liberarci dall’attaccamento e dall’avversione e per farlo in modo definitivo dobbiamo superare l’ignoranza comprendendo il modo in cui esistono i fenomeni del samsara (inclusi noi stessi).
I tre veleni mentali sono attaccamento, avversione ed ignoranza. Di questi l’ignoranza è il veleno base, dal quale sorgono gli altri due. Possiamo dunque affermare che la causa di tutti i nostri problemi è l’ignoranza.
Ignoranza
In questo contesto l’ignoranza non è il semplice non conoscere qualcosa. L'ignoranza è uno stato di allucinazione, causato dalla mente che non è chiara sulla natura delle cose e ci fa apparire reali, cose che non lo sono. Sulla base di questo errore nascono emozioni, idee ed azioni che invece di portarci verso la felicità, ci allontanano da essa. Immaginiamo ad esempio di essere in una stanza buia e di vedere qualcosa di arrotolato. È una corda, ma la nostra mente la interpreta come un serpente. Ci spaventiamo e scappiamo fuori, verso un posto che consideriamo più sicuro, dove invece veniamo morsi da un serpente vero, che non avevamo visto. L’ignoranza ci ha dunque spinto a compiere azioni sbagliate, che invece di salvarci, ci portano verso la sofferenza
In questa piccola storia si distinguono i due tipi di ignoranza: l’oscurità della stanza è semplicemente la non conoscenza della realtà, l’attribuire alla corda l’esistenza di un serpente è l’aggrapparsi ad idee errate.
Il primo tipo di ignoranza è un’oscurazione innata e consiste essenzialmente nel credere che le cose esistano come appaiono ai nostri sensi. Vediamo un albero e crediamo che sia composto da tronco, rami, foglie e radici. Se ragioniamo però capiamo che senza la terra, il sole, l’aria, le nuvole e la pioggia ed ogni altra cosa esistente, quell’albero non potrebbe esistere. Anche questi sono dunque componenti necessari dell’albero, ma i nostri sensi non li avevano colti e l’albero ci appariva come un’entità separata dal resto dell’universo.
Il secondo tipo di ignoranza si basa spesso sulle oscurazioni innate: costruiamo infatti concetti e pensieri che vedono i fenomeni (l’albero) come esistenti in modo autonomo e creiamo la visione dell’universo come se fosse costituito da entità separate e distinte.
Sin da piccoli infatti tramite i nostri sensi percepiamo di esistere in modo autonomo, circondati da entità che esistono in modo altrettanto autonomo. La convinzione di essere separati dal resto dell’universo (ignoranza) ci porta allora a pensare di doverci occupare innanzitutto di noi e della nostra felicità, che diviene così più importante di quella di tutti gli altri.
Attaccamento
Cercando la nostra felicità e considerando i fenomeni come esistenti in modo autonomo, nascono attaccamento ed avversione. L’attaccamento è il desiderio di ottenere e trattenere ciò che sembra darci piacere, mentre l’avversione è il desiderio di evitare o addirittura eliminare ciò che non ci piace.
Analizziamo ora l’attaccamento. Si possono distinguere tre tipi di attaccamento. Il primo è l’attaccamento al piacere: vogliamo provare sensazioni piacevoli e ci attacchiamo alle persone ed agli oggetti che ci provocano queste sensazioni, affidando la nostra felicità a fenomeni esterni ed instabili per la loro stessa natura.
Un secondo tipo di attaccamento è l’attaccamento all’esistenza. Siamo disposti a fare qualsiasi cosa per salvare la nostra vita attuale e desideriamo intensamente una vita successiva felice. Questo tipo di attaccamento ci incatena nel samsara, in quanto non vogliamo veramente liberarci dal ciclo delle rinascite.
Il terzo tipo di attaccamento è l’attaccamento alla non-esistenza, ovvero il desiderio che malattie, emozioni e stati d’animo spiacevoli non entrino nella nostra vita. Ancora affidiamo la nostra felicità a fenomeni esterni non controllabili direttamente da noi.
Avversione
L’avversione è lo stato mentale duale rispetto all’attaccamento e nasce da una sensazione spiacevole o semplicemente dalla paura di provare sensazioni spiacevoli. Avversione ed attaccamento sono legati tra loro. Ogni volta che sorge l’attaccamento per qualcosa sorge infatti anche la paura (avversione) di perderlo ed ogni volta che stiamo vivendo un’esperienza negativa abbiamo il desiderio (attaccamento) che cessi.
L’avversione può essere più o meno o forte: dalla piccola insoddisfazione fino a giungere alla rabbia ed all’odio per ciò che consideriamo la causa di esperienze spiacevoli.
La sofferenza nasce dall'ignoranza
Come possono questi tre stati mentali negativi essere la causa di tutte le sofferenze che viviamo? Attaccamento ed avversione ci spingono ad agire, ma a causa dell’ignoranza le azioni che crediamo ci portino alla felicità, in realtà per la legge del karma causano spesso ulteriori sofferenze.
Esaminiamo con maggior attenzione: partendo dalla errata percezione di esistere in modo autonomo e separato dall’universo (ignoranza), noi ci occupiamo innanzitutto della ricerca della nostra felicità mondana, che consideriamo più importante di quella degli altri esseri senzienti. Se ragioniamo, scopriremo invece che, a parte il nostro egoismo, non c’è alcuna ragione che affermi che la nostra felicità è più importante di quella di qualsiasi altro essere senziente.
Spinti dall’attaccamento cerchiamo allora di ottenere per noi oggetti ed esseri senzienti, che consideriamo cause della nostra felicità. Agiamo quindi in modo egoistico, spesso senza curarci veramente della felicità degli altri e senza riflettere sul fatto che poiché le risorse della terra sono finite, quello che otteniamo per noi, non sarà più disponibile per tutti gli altri.
L’avversione ci spinge invece a danneggiare direttamente gli altri, che consideriamo potenziale fonte di sofferenza. Spesso infatti tentiamo di allontanarli in modo aggressivo o addirittura di eliminarli per “risolvere il problema” (pensiamo ad esempio ad un’invasione di formiche nella nostra casa).
Molte delle azioni che compiamo spinti da attaccamento ed avversione possono quindi portare a qualche felicità parziale, ma in ultima analisi generano karma negativo e quindi causeranno nuove sofferenze in futuro, imprigionandoci nella catena dell’esistenza ciclica.
Dovremmo inoltre considerare che tutti i nostri sforzi per ottenere ciò che ci piace ed evitare ciò che non ci piace, non potranno in nessun caso avere successo duraturo. Nulla nell’universo che conosciamo è duraturo: non potremo quindi in nessun caso conservare nulla di quello che abbiamo ottenuto.
Per evitare di soffrire, dobbiamo dunque liberarci dall’attaccamento e dall’avversione e per farlo in modo definitivo dobbiamo superare l’ignoranza comprendendo il modo in cui esistono i fenomeni del samsara (inclusi noi stessi).
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